CON L'ADESIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 PREMIO INTERNAZIONALE

COSIMO FANZAGO

XV EDIZIONE, 13 ottobre 2016
Palazzo Donn'Anna
Teatrino di Corte  -  Fondazione De Felice, Napoli

cosimo fanzago        defelice
Teatro Fanzago


LE MOTIVAZIONI

 a  LUIGI RIELLO,  Procuratore Generale di Napoli

Il sereno rigore della legge, la forza della saggezza

Molti lo conoscono per alcuni processi entrati nella storia della giustizia italiana, in particolare quello di Meredith Kercher o quelli sulle stragi di via Fauro e di via Palestro. Ma come i migliori protagonisti della vita delle istituzioni fondamentali dello Stato è abituato a operare lontano dai riflettori e dal clamore mediatico, nella riservatezza che contraddistingue il lavoro di chi ha davvero a cuore il bene dell’umanità. Nato a Napoli, comincia la sua brillante carriera in Calabria, in particolare è Pretore a Rogliano (Cosenza) dal 1980 al 1989, dove si distingue sia per la riorganizzazione degli uffici e del personale della Pretura sia per alcuni processi civili e penali le cui sentenze sono state pubblicate su importanti riviste giuridiche. A conferma dell’eccezionalità del suo operato, il 21 aprile 2007 la città gli ha conferito la cittadinanza onoraria. E’ stato poi giudice del Tribunale di Napoli fino al 1999 svolgendo funzioni di giudice in Corte d’Assise e di Presidente di Collegio penale per sei anni. Dal febbraio 1999, è Consigliere della Corte di Appello di Napoli, e in particolare si occupa di misure di prevenzione antimafia.
Autore di numerose pubblicazioni scientifiche (tra cui “Il Processo pretorile civile e penale”, edito nel ’91 da Il Nuovo Diritto), e di numerosi articoli e saggi su diverse riviste giuridiche, è stato presidente dell'Associazione Magistrati del Distretto di Napoli dal 1995 al 1999, quindi componente del Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati. Nel 2002 è stato poi eletto Consigliere del Consiglio superiore della magistratura nonché segretario di Unicost (una delle correnti interne alla Magistratura), nel 2007 è tornato in Corte d’Appello a Napoli e da lì nello stesso anno in Corte di Cassazione come Sostituto procuratore, per due anni in ambito civile per poi approdare in quello penale. Un percorso professionale di indubbio spessore e inattaccabile prestigio che condivide con l’affetto di Donatella, sua moglie, oggi Dirigente scolastica, e dei suoi figli: Alessandro e Valerio.  Dal giugno 2015 è procuratore generale di Napoli, incarico di biblica responsabilità che svolge con capacità, competenza e saggezza: qualità che in una metropoli purtroppo ricca di molteplici criticità hanno riscosso unanime e convinto apprezzamento.

Gli viene assegnato il Premio Fanzago 2016  “perché con il suo quotidiano impegno in uno dei ruoli in assoluto più delicati in una città martoriata dal crimine organizzato e non, ha mostrato una inusuale capacità di efficacia operativa accompagnata da una brillantezza intellettuale che si riflette anche in una forma di empatica e solare umanità, ulteriore pregio che garantisce la giusta fluidità ai rapporti sociali e professionali e al contempo restituisce la statura di una persona perbene e di uomo dello Stato di altissimo profilo”. 



  a  PAOLO GIULIERINI,   Direttore Museo Archeologico di Napoli

Un grande futuro sulle spalle di un grande passato

L’archeologia e la cultura come scelta di vita. A muovere i suoi passi è stata innanzitutto la passione per gli Etruschi, un romantico slancio che ha dato il via a un itinerario affascinante che vede l’abbrivio nella sua Toscana, dove si fa notare come responsabile dei progetti europei “Archeologia senza Barriere” e “Laboratorio del Paesaggio”. In seguito entra nel consiglio dell’Amat (Associazione dei Musei archeologici della Toscana), dove è ideatore e coautore della collana “Vita quotidiana al tempo degli Etruschi”, ed anche organizzatore scientifico della mostra internazionale “Farthan”, e in seguito della kermesse “Le notti dell’Archeologia”, evento poi ripreso dalla Regione Toscana. Nei primi anni Duemila, in qualità di direttore dell’Ufficio Beni culturali del Comune di Cortona, organizza tre grandi mostre internazionali: “Capolavori Etruschi dall’Ermitage” (in collaborazione con l’omonimo museo di San Pieroburgo);  “Le collezioni del Louvre: gli Etruschi dall’Arno al Tevere” (insieme con il museo parigino);  e “Seduzione Etrusca. Dai segreti di Holkham Hall alle meraviglie del British Museum” (in collaborazione con entrambi). Abbinando i fondamentali elementi storico-scientifici a una ragguardevole efficacia di stampo manageriale è riuscito a portare a termine numerose attività espositive e divulgative, in primis tutte quelle mostre che hanno avvicinato il grande pubblico all’archeologia. Tra le tante ricorderemo “Cose dal Silenzio”, realizzata nel 1998 in collaborazione proprio con la prestigiosa Accademia Etrusca; e “I tesori dei longobardi” (in collaborazione con la Soprintendenza archeologica del Friuli). Nel 2011 è nominato coordinatore dei progetti Pic della Regione Toscana per l’area della Valdichiana. Nel 2013 è insignito del premio “Paul Harris”. In seguito diventa consulente per l’Archeologia della Commissione cultura del Consiglio regionale della Toscana. Poco più di un anno fa la nomina a direttore del Mann, il Museo archeologico nazionale di Napoli, ovvero uno dei più importanti musei archeologi del mondo, una sfida accolta con il sereno sorriso di chi ha la giusta visione delle cose e quella particolare determinazione che possiedono solo gli uomini che preferiscono i fatti alle parole.

Gli viene assegnato il Premio Fanzago 2016perché in questi primi dodici mesi di attività ha saputo restituire all’Archeologico partenopeo almeno una parte dei fasti del passato riaprendo, dopo svariati anni di chiusura, la Sezione Epigrafica e la Sezione Egizia, due straordinarie collezioni che si possono considerare uno dei vanti del museo e della città, e nel contempo è riuscito a rimettere in moto sia la preziosa attività di promozione in Italia e all’Estero (oltre 50 le mostre alle quali partecipa il Mann, peraltro anche con un discreto ritorno economico) sia l’ugualmente importante opera di divulgazione e di apertura al territorio. E anche per la sensibilità umana e professionale dimostrata verso la città e il suo immenso patrimonio archeologico sino a oggi sostanzialmente obnubilato o abbandonato al più bieco degrado, quest’ultima un’attenzione senza precedenti che ha preso la forma di interventi sul territorio mirati al coinvolgimento diretto dei singoli quartieri, a cominciare da quello più vicino e archeologicamente tra i più rilevanti: il borgo Vergini-Sanità”.


  a JEAN DIGNE, già Direttore Istituto Francese di Napoli

Arte, teatro, cultura: i percorsi di un intellettuale senza confini

Figlio di Pierre e Catherine, nasce a Marsiglia nel 1943, città dove, con l’eclettismo che lo caratterizzerà, si dedicherà agli studi sia di Economia sia di Architettura. Per il servizio militare viene dislocato a Rabat, dove più che delle faccende di natura bellica pensa a occuparsi di attività creative e lavora come operatore culturale giungendo a realizzare uno spettacolo che sarà ricordato: “Cabaret di una notte”. Al ritorno dal Marocco diventa uno dei primi borsisti del ministero della Cultura francese. A 25 anni gli affidano la guida del “Theatre Centre” nella città di Aix-en-Provence. Quattro anni dopo, nel 1972, dà vita al festival “Settimana degli acrobati”, l’appuntamento che darà inizio alla Street Art. Nel 1976 lancia “I laboratori pubblici” a Manosque, e crea la prima scuola di Teatro di strada.
Arte e teatro ma non solo, per conto dell’Unesco va in missione in Africa per due anni. Quando rientra in Francia gli affidano la guida delll’Ufficio regionale della cultura ed è in questo periodo che fa nascere la “Carovana culturale”. Con l’elezione di François Mitterrand a presidente della Repubblica gli viene affidato l’incarico di occuparsi del decentramento artistico, e nel 1982, su richiesta dell’ambasciatore Gilles Martinet, è chiamato a costruire un nuovo asse tra la Francia e il Sud Italia, il cui primo passo è la nomina a direttore dell’Istituto di cultura francese di Napoli, sarà un’esperienza semplicemente straordinaria. In seguito viene nominato direttore della prestigiosa Associazione francese di azione artistica, incarico che manterrà per dieci anni creando tra l’altro le Corrispondenze di Manosque e il festival di Biarritz, e fondando la prima scuola di formazione superiore per la cooperazione artistica internazionale presso l’Università di Parigi-VIII , ateneo nel quale è professore associato. Consigliere del ministro Jack Lang, da alcuni anni a questa parte è presidente del Museo di Montparnasse a Parigi.
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Gli viene assegnato il premio Fanzago 2016:per il profondo sentimento che lo lega alla città della Sirena, ai suoi abitanti e al suo patrimonio artistico e culturale, una corrispondenza di amorosi sensi che rinnova l’energia di un legame antico, quello che si è sviluppato nei secoli tra Napoli e la Francia e che, come è noto, dal ’99 in poi ha lasciato una traccia assai rilevante nella storia della città. Così come hanno lasciato una traccia importante gli anni in cui è stato direttore dell’Istituto francese, dal 1982 al 1989, quando seppe trasformare il Grenoble in un eccezionale cenacolo per gli uomini di arte e di cultura, suscitando e alimentando mille fervori creativi e innovativi, tutti “semi” che si sono radicati nel fertile humus tufaceo partenopeo e in qualche modo continuano a dare ancora oggi i loro frutti”.


 a NATASCIA FESTA,  Giornalista "Corriere del Mezzogiorno"

IlGiornalismo&cultura, una penna” tra passione&meditazione
                                                   
Avellinese di nascita ha studiato a Napoli, dove si è poi trasferita e vive stabilmente da molti anni, fondendo così la pragmatica tenacia irpina con la solare passionalità intellettuale partenopea. Allieva di Emma Giammattei, si è brillantemente laureata in Lettere, ma vanno rimarcati anche i corsi di specializzazione in Estetica, Letteratura ed estetica, e Didattica dell’Italiano alla “Federico II” e all’Istituto italiano per gli Studi filosofici. Ha pubblicato numerosi saggi dedicati al cinema, alla letteratura e al teatro. Ha insegnato Letteratura italiana all’università “Suor Orsola Benincasa” e anche la lingua italiana ai piccoli immigrati cinesi della scuola dell’obbligo. E, come ama ripetere, se lei ce l’ha fatta con gli ideogrammi tutti possano farcela anche col resto. Nel 1994, con la cattedra di Sociologia della letteratura della “Federico II”, ha realizzato uno studio sulla pubblicistica femminile nell’Ottocento. Del 1998 è il saggio “Pasolini e il Laceno d’Oro. Trent’anni di Neorealismo in Irpinia” nell’Enciclopedia di Storia Illustrata edita da Sellino e Barra. Sullo stesso argomento è curatrice di una mostra e del relativo catalogo pubblicato dal Centro “Guido Dorso”. Del 2000 è il saggio “Il mosaico e le poetiche del frammento”, e del 2001 il volume “Sterminator Vesevo” (un’antologia narrativa del premio omonimo indetto dal Parco letterario del Vesuvio, con la prefazione di Michele Prisco,) edito da Dante & Descartes. Mentre per le edizioni Evaluna ha curato le raccolte “Donne in fuga” e “Donne in cammino”. E nel 2006, con altri, ha pubblicato “La scrittura della differenza. Testi di drammaturghe del Sud”, edito dalla Manifestolibri. Dopo gli anni della formazione giornalistica nei quotidiani “Otto pagine” e “Il Corriere dell’Irpinia” (fondati dall’ex inviato speciale del “Mattino” Gianni Festa, prestigioso quanto severo babbo) viene reclutata dal neonato “Corriere del Mezzogiorno” (inserto campano del “Corriere della Sera”) dove conclude una lunga e dura gavetta diventando nel volgere di qualche anno una delle firme più autorevoli del giornalismo culturale cittadino e non solo. Ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui l’“Armando Gill” e il “Carlo Nazzaro”. Una carriera già brillante, dunque - che peraltro annovera anche collaborazioni con quotidiani nazionali come “il Manifesto”, “L’Unità” e “Il Sole 24 Ore” – e palesemente destinata a ulteriori e più grandi traguardi..

 
Le viene assegnato il premio Fanzago 2016 perché:con la sua attività di giornalista professionista a tutto campo, impegnata cioè sia nella scrittura sia nell’ugualmente fondamentale attività organizzativa e creativa di deskista, in questi difficili anni ha dato un contributo di straordinaria rilevanza nella difesa, nella salvaguardia e nella valorizzazione del patrimonio storico-artistico e culturale di Napoli e dell’intera Campania. Un impegno costante, ricco di originalità e sempre di altissimo profilo che ha costituto e continua a costituire una delle rare barriere mediatiche e culturali alla tracimazione del degrado e dell’abbandono, un autentico “faro” per tutti quelli che ancora resistono e combattono per il miglioramento e la rinascita di questi territori”.


 a FRANCESCO LUISE,   Amministratore J.Luise & Sons  e Manager Luise Group

La cultura dell’accoglienza, l’eccellenza dell’impresa

Una vita tra i libri e i porti. Non ancora diciottenne acquisisce le prime nozioni sulla gestione dei porti turistici quando una delle società del gruppo Luise ottiene in affidamento lo start up a dell’approdo di Capri. Segue così le profonde orme della grande tradizione familiare, impegnata in questo campo sin dal lontano 1847 con la celeberrima Joseph Luise & Sons, azienda leader nel settore dell’assistenza e fornitura di beni per la grande nautica da diporto. Una “palestra” che lo vedrà impegnato nell’approdo di Napoli Mergellina, oggi noto appunto come “Molo Luise”. Agli studi della “Federico II” che lo formeranno come avvocato affianca quelli sulle materie del campo marittimo che lo porteranno, nel 1994, a diventare agente marittimo raccomandatario, e poi a entrare nel Consiglio degli agenti marittimi. Tra i più giovani esaminatori presso la Ccia di Napoli (l’ente preposto all’esame professionale per l’iscrizione all’albo) ottiene anche il riconoscimento, dalla Regione, di operatore per Porti turistici. Un percorso brillante che lo condurrà a ricoprire ruoli di grande prestigio con alcuni dei più famosi yacht club internazionali, come il Royal Thames di Londra, il più antico al mondo. È tra i soci fondatori della Blue Water Alliance con sede a Londra e Lugano, con attività in 18 Paesi del mondo. Approdi, barche, rappresentanze ma anche cultura e promozione delle bellezze del suo territorio: insieme con il fratello Paolo ha collaborato alla realizzazione e alla pubblicazione di splendidi libri sulla storia e le bellezze di Napoli e della Campania. E si deve soprattutto a lui se oggi Napoli è una meta anche per i turisti che viaggiano in panfilo. Dopo aver raccolto il testimone della conduzione dell’azienda familiare dal padre Rismondo (e dai fratelli), si è fortemente impegnato nell’internazionalizzazione dell’azienda, confermandosi come una delle realtà di punta di quella che è giustamente considerata l’eccellenza imprenditoriale napoletana. 

 
Vince il premio Fanzago 2016 perché:grazie alla storia della sua azienda e alla sua attività personale l’immagine di Napoli nel mondo ritrova quei bagliori di luce che vengono dagli esempi positivi e offre una preziosa conferma del fatto che anche tra le difficoltà e le arretratezze “ambientali” si può emergere con la sola forza dello studio, della professionalità, della competenza e della determinazione, sino ad arrivare ad affermarsi in campo nazionale e persino internazionale. Un successo che va di pari passo con la spiccata sensibilità e la manifesta aderenza culturale al patrimonio storico-artistico e alla valorizzazione delle meraviglie paesaggistiche, tutte caratteristiche che ne fanno un cittadino appassionato e un imprenditore illuminato”.

  a SERGIO RICCIO, Artista

Scatti come schegge di una poetica metafisica visiva

Come ama ricordare lui stesso con ironia e una punta di legittimo orgoglio, ha visto la luce tra un bombardamento e l’altro, evento “festeggiato” per così dire qualche giorno dopo con la liberazione della città dall’occupazione. È dunque cresciuto tra le immani difficoltà del dopoguerra e questo può forse spiegare, almeno in parte, la sensibilità che anima il suo spirito e costituisce l’humus di quella poesia visiva che ne ha fatto un grande fotografo. Dai primi anni Settanta - insieme con l’inseparabile Jole - è riuscito ha ritagliarsi uno spazio sempre crescente nel non facile mondo della fotografia spaziando dai dettagli “invisibili” ai più ai grandi eventi con una straordinaria capacità d’indagine storica e di riflessione filosofica. Pronto a illustrare gli aspetti più originali dei momenti cruciali ma anche nel fissare particolari rimasti fuori dalla visione comune, è riuscito a costruire un percorso artistico e professionale di profonda intensità, sempre coerente con la sua weltanschauung interiore, e senza mai perdere aderenza con il battito del genius loci della sua città e del cuore dei suoi abitanti. Un “contatto” che ha mantenuto anche quando il suo itinerario di crescita l’ha condotto lontano da Napoli, e in particolare in due città fondamentali per un fotografo che voglia davvero dirsi tale: Milano e Parigi. Negli anni Ottanta, infatti, sbarca sulla Rive Gauche del Naviglio esponendo nella mitica galleria “Il Diaframma”, la stessa che aveva ospitato altri due fuoriclasse: Luciano D’Alessandro e Mimmo Jodice. Da lì cominceranno le collaborazioni con le migliori riviste di architettura e con i grandi architetti, in primis Riccardo Dalisi e Sandro Mendini. Poi sarà il turno delle malie della Ville Lumiere, ma anche delle seduzioni della provincia transalpina: Nantes, Lille, Avignon. Più recente, invece, il rapporto con la Germania, Berlino innanzitutto, ma pure Monaco di Baviera e le altre città monumentali. Con gli occhi del cuore, come è noto, da lontano Napoli si vede anche meglio. Ecco dunque le mille splendide iniziative nella sua terra: “Napoli barocca”, “Napoli Liberty”, “Napoli di notte”, “Pezzetti di Napoli”, tanto per citare solo quattro memorabili mostre divenute altrettante fortunate  pubblicazioni. Ma non manca la sperimentazione – come nel caso di “Le bleu de Naples”, dei “Panni fanzaghiani” o di “Diario minore” – ma anche la vicinanza a piccole-grandi imprese giornalistiche e culturali. E sempre con quello stesso spirito che lo ha animato sin dai tempi dell’avventura del mensile napoletano “Eco” – al fianco di Aldo Loris Rossi, Emma Buondonno e Amato Lamberti – o anche nella cura dell’edizione italiana delle “Cronache del monastero di Sant’Arcangelo a Bajano”, uno dei tanti magnifici frutti della lunga amicizia-collaborazione che lo legò a Gaetano Colonnese, un editore degno di questo nome, rara avis a queste latitudini, la cui prematura scomparsa ancora pesa sul cuore degli amici e di tutti gli amanti della cultura, quella vera. E sempre con la casa editrice di San Pietro a Maiella nel 2004 ha pubblicato un’intrigante ricerca sulle morbide pieghe della notte partenopea dal titolo “Le luci di Napoli”, lavoro che riverberava alcune delle magie della splendida “Naples métaphysique” apprezzata a Parigi nel 2003.
  
Gli viene assegnato il premio Fanzago 2016 perché “perché con i suoi poetici scatti e la sua magmatica energia è riuscito ad aprire cento, mille finestre sull’unica metropoli che sa esibire fin troppo bene i suoi eccessi ma al tempo stesso sa nascondere accortamente la sua anima più segreta. E anche perché ha regalato e continua a farlo ai suoi concittadini come a tutti i fruitori della sua arte fotografica una suggestione percettiva figlia di un superbo peraltro già apprezzato da personaggi del calibro di Domenico Rea, Ferdinando Bologna, Cesare De Seta, Renato De Fusco, Atanasio Mozzillo, Giuseppe Montesano e tanti altri”.


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